LA STORIA DEI MARTIRI TURRITANI GAVINO, PROTO E GIANUARIO

Tratto da Passio Sanctorum Martyrum Gavini, Proti et Ianuarii pubblicata a Cura del Centro Studi Basilica di San Gavino Porto Torres

La storia dei Martiri di Torres risale al 303 d.C., quando a Roma imperavano Diocleziano e Massimiano e Barbaro era Governatore di Corsica e Sardegna. I due imperatori emanarono unaParrocchia_SS.MM_6 serie di editti che obbligavano i cristiani ad abiurare la propria religione in favore di quella pagana, pena l’arresto, la tortura e la morte.

A Turris, sul Monte Agellu, Proto, un presbitero, e Gianuario, un diacono, predicavano il Vangelo e vennero arrestati da Barbaro. Il Governatore disse loro: <<Non sapete che dagli imperatori romani c’è l’ordine di obbligare i cristiani ad offrire vittime agli idoli o –se rifiutano – di eliminarli con le armi?>>. Gli risposero: <<Siamo informati della prescrizione degli imperatori, ma si deve obbedire a Dio prima che agli uomini: con la nostra lode quotidiana offerta in sacrificio all’Eterno, a Lui solo rivolgiamo le nostre preghiere, perché pensiamo che chiedere aiuto alle pietre sia atto di sconsideratezza, proprio di una mente del tutto folle>>.

Barbaro mandò Proto in esilio nell’isola Cornicularia e tenne con sé Gianuario perché, essendo più giovane, pensava di poterlo plagiare più facilmente, ma il suo piano fallì. Proto non cambiò idea e ispirato dallo Spirito Santo disse: <<Noi che da sempre sentiamo per te vero amore, riteniamo di poterti liberare dalla tenebra dell’ignoranza e nutriamo fiducia che ti converta al culto del Redentore del mondo: e questo avverrà se vorrai accettare il nostro che è un consiglio da credenti. Quanto a noi, renditi conto che non potrai mai smuovere dalla sua certezza la nostra fede>>. Il magistrato condannò i due santi alla tortura, convinto che avrebbero ceduto e vennero affidati al soldato Gavino, loro guardiano. Il soldato, sentendoli pregare Dio, si commosse e chiese loro

che gli parlassero del loro Dio. Ascoltando le loro parole, capì che erano innocenti e si convertì restituendo loro la libertà.

Il giorno dopo Barbaro volle al suo cospetto i due prigionieri, però Gavino gli disse che li aveva liberati dato che lui stesso credeva nell’unico Dio e propose a Barbaro di convertirsi e di smettere di obbligare la popolazione a credere negli dei pagani. Comunque, si diceva disposto a sopportare il martirio. Barbaro ordinò la sua decapitazione in un luogo lontano dalla città in modo che i cristiani non lo venerassero come Santo. San Gavino morì il 25 ottobre del 303 d.C e dopo la sua morte avvenne un miracolo. Mentre andava verso il martirio una donna gli offrì il suo fazzoletto per coprirsi gli occhi durante la decapitazione. Una volta martirizzato si diresse verso la grotta dove erano nascosti Proto e Gianuario. Durante il cammino, incontrò il marito della donna e gli disse di tornare a casa e di ringraziare sua moglie per il gesto, restituendogli la pezzuola. Una volta tornato a casa, l’uomo si accorse che la stoffa era macchiata del sangue del santo e, ascoltando il racconto della moglie, capì di aver assistito a un miracolo. Nel mentre, Gavino raggiunse Proto e Gianuario e li esortò ad andare in città per raggiungerlo nella beatitudine. Così fecero e Barbaro li condannò alla stessa pena di Gavino. Il 27 ottobre del 303 i due raggiunsero lo stesso luogo dove era morto il loro compagno, e dopo aver pregato, morirono. Nella notte, uomini di fede seppellirono i loro corpi in un luogo presso il quale ancora oggi avvengono molti miracoli.