LEONARDO A MILANO

Pubblicato giorno 23 febbraio 2019 - Arte, cultura e società, Informatore Parrocchiale

VerginedelleRocceAncora Leonardo. È il suo anno. L’idea del grande genio che la ” pittura è scienza e legittima figlia di natura” si traduce nella “Vergine delle Rocce” in una rappresentazione in cui sono evidenti gli studi scientifici su geometria, geologia e natura. L’ opera, datata 1483-86, è del primo e lungo periodo milanese di Leonardo, anche se poi portata in Francia e custodita in seguito al Louvre, divenuto museo.

Il dipinto rappresenta l’incontro di San Giovanni Battista bambino con il piccolo Gesù alla presenza della Vergine e dell’Angelo in una grande grotta scavata nella montagna con rocce possenti intorno e sullo sfondo. Una sorta di architettura naturale, nella quale le figure, meravigliose, creano un netto triangolo il cui vertice è il capo di Maria e gli sguardi e gli atteggiamenti formano un movimento circolare. Le rocce e la caverna, che molto probabilmente rimandano ad un paesaggio lombardo, pur nella penombra, sono definite in base agli studi di geologia e le piante rigogliose rivelano studi di botanica. La luce, che entra dalle aperture, compenetra le figure con il paesaggio grazie alla tecnica dello “sfumato” che Leonardo elaborò osservando e decifrando i fenomeni naturali. Più ci si allontana, infatti, e più i contorni risultano meno precisi e delineati, creando un’atmosfera suggestiva.

Ma secondo una interpretazione dal carattere profondo, il dipinto va oltre la rappresentazione in sé, l’abilità pittorica, la bellissima luce crepuscolare, le applicazioni scientifiche. Figlio del suo tempo, considerando i suoi scritti e le sue elaborazioni, Leonardo, qui, come altrove, introduce un tema di teologia. La grotta, che ricorda quella della Natività, diventa uno spazio mistico, attraversato da una luce che è anche soprannaturale, nel quale la Vergine è essa stessa la “caverna” che ha accolto la Vita. Gesù Bambino, in atteggiamento benedicente, ha sopra la testa un bellissimo gioco di mani, mani come solo Leonardo sapeva fare, e quella di Maria è aperta: Lei ha accolto quel Figlio e ora, conscia del proprio ruolo materno, sembra volerlo proteggere. San Giovannino, con le mani giunte e lo sguardo rivolto a Gesù, è indicato dall’Angelo come il precursore di Cristo: quello sarà il suo ruolo.

Le piante fiorite e l’acqua presenti simboleggiano la vita e la rinascita. In questo modo l’opera, legata quasi per certo alla devozione mariana, può essere interpretata come una meditazione complessa sul mistero dell’Incarnazione. Attraverso la natura, Leonardo elabora una visione religiosa nella convinzione che l’arte sia un tramite per comprendere la Verità e i suoi misteri. Così come è un tramite anche la bellezza che ha un legame con Dio ed il creato, lo stesso legame che ha l’artista che nel creare agisce ad immagine stessa di Dio.

Nella versione della National Gallery di Londra, realizzata tra il 1503 ed il 1506 durante il secondo soggiorno a Milano di Leonardo, si ritrovano gli stessi elementi, le figure ed il paesaggio, ma con delle differenze, anche perché l’opera fu forse realizzata con dei collaboratori. C’é meno finezza nelle figure, le rocce sono più dure e grezze, e la luce sfumata e calda del crepuscolo è diventata fredda. Viene però introdotta la scoperta dell’aria come elemento atmosferico da studiare scientificamente. Aria che tutto pervade, unisce e che tinge d’azzurro la visione in lontananza, tanto è vero che le rocce dello sfondo appaiono di tale colore. È probabile che questa seconda versione, presente a lungo a Milano nella Chiesa di San Francesco Grande, sia stata vista da molti e molti abbia colpito.

La “Vergine delle Rocce” è stata infatti ispirazione per vari artisti e spesso riprodotta dagli allievi di Leonardo. A Milano una versione è nella chiesa di Santa Giustina ad Affori, un’altra è alla Pinacoteca del Castello Sforzesco, un’altra ancora, sempre visitabile, è custodita nella chiesa del convento delle Orsoline di via Lanzone ed è opera di Francesco Melzi, il pupillo di Leonardo.

C’è tutto un anno per godere delle opere e del genio leonardesco grazie alle iniziative ed alle mostre che presto si apriranno. Allora sarà una gioia per gli occhi, per la mente e per il cuore.

Graziella Colombo